Uno dei tesori esposti al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma è rappresentato queste tre piccole lamine d'oro, alte circa 20 centimetri, e risalenti, pensate, al VI secolo a.C. circa! Un motivo in più per correre a visitare il Museo Etrusco di Villa Giulia, una delle realtà museali più belle d'Italia in cui è possibile ammirare straordinari manufatti come questi. Non è un caso se i miei turisti, alla fine di un tour qui, rimangono sempre più che soddisfatti della ricchezza di questo magnifico museo.

Parliamo di vere e proprie opere d'arte che hanno più di 2600 anni e che furono ritrovate, nel corso di scavi archeologici accorsi nell'800, nell'area in cui sorgeva l'antica città etrusca di Pyrgi, nell'attuale zona di Santa Severa. Pyrgi crebbe e si sviluppò grazie alla sua vicinanza con il mare ed alla sua straordinaria vena commerciale. Gli scambi con popolazioni lontane, come gli Eubei dalla Grecia ad esempio, portarono una grande vitalità artistica e culturale, tanto da far sorgere in città un complesso monumentale e religioso famoso in tutto il mondo conosciuto. Si trattava del santuario di Pyrgi, composto da più templi. Il primo, denominato Tempio A, avente tre celle e risalente al 470 a.C. circa. E nel cosiddetto Tempio B (periptero a cella unica della fine del VI secolo a.C.) furono ritrovate queste piccole lamine, considerate come uno dei primissimi esempi di lingua italica mai rinvenuti. La scoperta avvenne nel 1964, durante una campagna di scavo condotta dall'archeologo Pallottino. In un bollettino ufficiale uscito l'anno successivo si parla espressamente di "tre lamine auree arrotolate su se stesse, conservando con cura quasi tutti i chiodini serviti per la loro affissione sul legno". Davvero, una scoperta incredibile ed eccezionale avvenuta non lontana da Roma.

Due lamine sono in lingua etrusca (quella centrale e l'ultima a destra), ed una in lingua fenicia. Si tratta di un testo devozionale e sacro dedicato alla dea etrusca Uri, riconducibile alla divinità fenicia Astarte. Ad esempio leggiamo “Per la Signora Astarte. Questo è il luogo sacro che ha fatto e ha donato”. Chiaro segno di assimilazione culturale e religiosa, sviluppatasi grazie ai rapporti umani e commerciali. In questi testi un alto magistrato di Caere (l'attuale Cerveteri), la città stato controllante di Pyrgi, ringrazia la dea e descrive il rituale che questo personaggio pubblico e politico riservò ad essa. Insomma, un modo per pubblicizzarsi e far vedere come lui potesse preoccuparsi di ringraziare le giuste divinità, strizzando anche un occhio a culture lontane dalla propria. Il testo è bilingue, anche se con alcune piccole differenze. Poco importa, poiché queste lamine rappresentano un documento importante per comprendere appieno i flussi culturali e non solo che, nelle popolazioni antiche, erano utilizzate per prosperare e ricercare nuove forme artistiche.

Le Lamine di Pyrgi sono, dunque, come una specie di Stele di Rosetta: un documento magnifico con il quale entrare in contatto con quelle popolazioni antiche che, ancora oggi, sono in parte avvolte nel mistero. Dunque è facile comprendere quanto le Lamine d'oro di Pyrgi rappresentino dei documenti eccezionali che possono far luce su una civiltà, quale è quella etrusca, ancora piena di misteri. E non dimenticatevi come il Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma sia il punto migliore per fugare alcuni dei dubbi che si hanno sugli Etruschi (per esempio clicca qui).