Tra le meraviglie del rione Monti, e di tutta l’arte italiana e universale, vi è la Basilica di San Pietro in Vincoli (così chiamata per ospitare le catene con cui San Pietro fu imprigionato a Roma e a Gerusalemme), che risale addirittura al V secolo d.C. Entrati dall’ingresso principale, dopo aver passato l’elegante portico composto con materiale di spoglio, e camminando lungo la navata centrale, non possiamo non rimanere esterrefatti dinanzi alla potenza, possanza e grandezza del celebre Mosè, scultura realizzata da Michelangelo, che doveva arricchire il monumento funebre di Papa Giulio II.
Siamo agli inizi del ‘500, ed il potente pontefice commissionò, quando ancora era in vita, a Michelangelo la sua imponente tomba, che doveva ricordare quella dei re e degli imperatori. Tale progetto fu, probabilmente, il più grosso rimpianto dell’artista. Si arrivò addirittura allo scontro con il Papa, ed alla conseguente fuga di Michelangelo a Firenze. Di punto in bianco, il pontefice non finanziò più il progetto, e così, tra mille ripensamenti, ripicche, modifiche al progetto originario, fecero anche gli eredi. Fatto sta che oggi questa tomba non è che la pallida immagine di quella che era nata nella mente del geniale artista. Basti pensare, ad esempio, che originariamente doveva essere posta al centro della navata, in modo da potersi mostrare su tutti i lati (fermo restando che, teoricamente, il pontefice avrebbe inizialmente voluto vedere il suo straordinario monumento funebre dentro la Basilica di San Pietro in Vaticano). Oggi, è poggiata ad un muro. Ma ciò che colpisce è il Mosè (che all’origine doveva essere a circa due metri dal suolo), che si gratta la lunga e fluente barba, con uno sguardo che ancora oggi appare enigmatico. Sembra arrabbiato e pensieroso allo stesso tempo. Potremmo stare ore ad interrogare questo Mosè di marmo, che con il suo greve volto sembra volerci ammonire ma, allo stesso tempo, forse rassicurare. E guardate la barba poi, che tutto sembra tranne che essere realizzata in duro marmo. Così levigata e perfetta, secondo alcune tradizioni e leggende nasconderebbe anche alcune persone. Da qualche parte, nel bel mezzo della folta barba, Michelangelo avrebbe nascosto una piccola figurina a tutto tondo di una donna o, secondo altri, di un uomo. Forse l’uomo in questione, inoltre, potrebbe essere il pontefice stesso, Giulio II. Certamente colpisce l'espressione del Mosè, in cui io, personalmente, leggo una potente spiritualità e certezza, entrambe espresse dai versi dell'Esodo in cui leggiamo che, dopo aver incontrato il Signore il quale "passò davanti a lui", Mosé ridiscese dal Monte Sinai con "la pelle del suo viso che era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui". Quelle specie di corna, che in realtà vogliono rappresentare un Mosè raggiante e pieno di luce, sono un simbolo perfetto di quanto scritto nelle Sacre Scritture.
Fatto sta che, a parte la celebre leggenda della domanda posta dall’artista alla sua opera “Perché non parli?”, tanto era perfetta e viva quella statua, altre tradizioni traboccano dalla potenza del Mosè. Come quella che vuole Michelangelo come una sorta di eretico, un uomo dalle idee non completamente consone a quella della Chiesa Cattolica del suo tempo. Per molti, inoltre, l’idea di arte di Michelangelo, che vedeva le statue come simbolo della condizione umana, in cui l’anima è imprigionata nel corpo umano, così come l’essenza dell’artista e dei soggetti da lui rappresentati sono quasi imprigionate nel marmo o nella pietra, era qualcosa che poteva appartenere ad un mondo eretico e poco cristiano. Ma, dopotutto, guardando il Mosè, nel suo atteggiamento quasi distaccato dalla realtà, ma allo stesso tempo presente, non si può non rimanere abbagliati dalla maestria di Michelangelo. Non ci stupiamo, dunque, se questa sublime scultura è diventata un vero modello, copiato da alcuni negli anni successivi, anche se a volte con scarso successo (per saperne di più cliccate qui). Rimane comunque il fatto che le proporzioni e l'energia sprigionate dal Mosè di Michelangelo rimangono, comunque, ineguagliate.