Qui vediamo ritratto Giulio II, pontefice tra il 1503 ed il 1513, in un'opera commissionata al divino Raffaello, esposta alla National Gallery di Londra e databile attorno al 1511. Anche se in quest'opera pittorica il pontefice appare quasi stanco e gravato da un pesante fardello, tutto lascia invece trasparire il grande potere derivante non solo dalla carica che ricopre, ma anche dalla sua stessa personalità: il camauro di velluto rosso così come la mozzetta in ermellino, per non parlare dei numerosi anelli e dello sfondo verde che rende ancor più volumetrica e potente la figura di un papa che fece la storia della Chiesa.
Dieci anni di pontificato molto intensi vissuti da questo pontefice in prima persona, senza risparmiarsi mai ed alimentando attorno a sé elogi ed aspre critiche. Ricordato soprattutto per le indelebili tracce artistiche che la sua committenza ha generato (fu lui a chiedere a Michelangelo di affrescare la volta della Cappella Sistina, a Raffaello di decorare le sue stanze private, a Bramante di ricostruire ex novo la basilica di San Pietro), è indubbio come Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere, considerasse il ruolo di pontefice non solo come un leader religioso ma anche, e forse soprattutto, come capo indiscusso di uno stato sovrano con leggi ed esercito proprie. Fu lui, per la prima volta, a chiamare a sé un gruppo di mercenari, quella compagnia di ventura proveniente dalla moderna Svizzera che ancora oggi esiste sotto il nome di Guardia Svizzera appunto, così come fu Giulio Il a combattere guerre in giro per la penisola in prima linea, anche in tarda età, accompagnando personalmente l’esercito (provate a guardare il film "Il tormento e l'estasi" e ve ne renderete conto). Si narra che anche da malato, impossibilitato ormai a cavalcare e facendosi trasportare da una lettiga, non lesinasse urli e critiche nei confronti di quei soldati che lui riteneva non pronti o inadatti per il suo esercito. Si scontrò alternativamente contro Venezia e poi contro la Francia (probabilmente il suo nemico più odiato, tanto da affermare che lui, uomo sempre stato imberbe, non si sarebbe più tagliato la barba fino a che non avesse cacciato via tutti i Francesi), cambiando alleanze e diventando uno dei protagonisti politici e militari dello scacchiere italico nel XVI secolo.
Tante altre cose sarebbero da aggiungere per capire quest’uomo tenace e tosto, soprannominato anche il "Terribile" all’interno della Curia, un uomo capace di perdere per pochi voti il conclave del 1492 in favore di Alessandro VI Borgia, che da lì in poi, così come tutta la famiglia, diverrà un altro acceso nemico. Chissà come, però, nel successivo conclave il cardinale Giuliano della Rovere riuscì a farsi eleggere papa già nel corso della prima votazione, ricevendo voti anche dalla fazione a lui avversa. Un esempio del suo carattere di ferro e, a volte, del suo essere un uomo senza troppi scrupoli lo abbiamo venendo a conoscenza del destino riservato al suo predecessore. Inizialmente Giulio II promise ad Alessandro VI Borgia di risparmiarlo e di lasciargli i territori in Romagna che il Borgia aveva conquistato per mezzo di suo figlio, poi però si rimangiò la parola data e costrinse Alessandro VI ad andarsene dalla penisola italica, rifugiandosi nella sua natia Spagna. Un uomo del suo tempo insomma, un potente amante delle arti e conoscitore della valenza culturale e politica che un certo mecenatismo poteva trasmettere. Un uomo conscio di non poter fare altro, nella competitiva penisola italica del Rinascimento, che farsi largo a spallate, spesso passando al di sopra delle prerogative strettamente papali e spirituali, pur di raggiungere i suoi obiettivi...