Tra i capolavori della Centrale Montemartini a Roma troviamo questo curioso gruppo scultoreo, comunemente definito Togato Barberini. Ciò che abbiamo di fronte non è solo un'opera d'arte rimarchevole per molteplici ragioni, poiché dopotutto essa è capace di rappresentare alcune delle ragioni principali che sottointendevano alla realizzazione dei ritratti in marmo da parte degli antichi Romani. Seguitemi in questo viaggio nell'arte e nella politica della Roma di un tempo, nel modo in cui i nostri avi amavano mostrarsi (un po' come facciamo noi con Instagram). Seguite una guida turistica locale come me nella descrizione di una delle opere più famose di tutta la Centrale Montemartini.
L'intera opera, databile attorno al I secolo a.C. e proveniente dalla privata collezione della famosa famiglia Barberini, è un esempio perfetto di arte repubblicana. Siamo in un contesto in cui l'uomo romano, soprattutto il ricco, il patrizio o colui che ricopre incarichi pubblici, utilizza le forme ed il naturalismo artistico dell'arte greca per autocelebrarsi, per propaganda personale o per rimarcare la propria condizione sociale. E la tecnica migliore per realizzare questi scopi era il ritratto: vediamo l'uomo al centro, stante in tutta la sua fierezza e ricchezza. Il suo volto è una vera e propria foto marmorea! I tratti del viso, Il cipiglio, la forma della testa sono proprio quelle reali, come li avrebbero potuti osservare gli uomini del suo tempo. L'uomo romano amava mostrarsi per ciò che era, in tutta la sua realtà fisica, spesso celebrando anche la propria condizione sociale (scolpendo elementi di vestiario specifici come la toga ad esempio), o ancora le attività svolte in vita (spesso chi si guadagnò una certa fama in ambito militare si faceva ritrarre con armi e armature). Se i Greci amavano idealizzare i corpi ed i volti, mostrando chiunque usassero scolpire sotto forma scultorea in una versione fortemente idealizzata e perfetta, i Romani seguirono un altro tipo di strada. Anche loro, sfruttando le caratteristiche dell'arte greca, usavano idealizzare, in un certo senso, le persone che scolpivano nei ritratti. E la loro idealizzazione era proprio la ricerca precisa, a volte anche esasperata ed esagerata, del naturalismo e realismo del volto.
Come se non bastasse, ed è questa caratteristica che rende questo gruppo scultoreo, particolare, qui non ci si è limitati a mostrare un solo uomo, ma un'intera gens, la famiglia stessa. I volti retti dalla figura centrale sono il padre ed il nonno, gli avi, dunque, della famiglia. Il culto degli antenati era molto sentito, poiché era un modo per ringraziarli per la ricchezza e l'abbondanza, oltre che il prestigio sociale, portata alla famiglia. Se non si aveva nobili natali, se non si aveva importanti senatori o uomini di spicco nella società romana nelle generazioni passate, era difficile avere quella credibilità sufficiente per poter sperare di occupare posti di rilievo nella politica e comunità romane. Non solo, poiché a tutti gli effetti avere un qualche senatore tra i propri avi poteva aprire molte porte e, anche dal punto di vista istituzionale, poteva rendere una famiglia nobile o aristocratica. Ancora una volta, questa forma di culto privato serviva per celebrare, per via patriarcale ovviamente, l'autocelebrazione sociale e di censo di una famiglia. Una celebrazione di se stessi visibile qui nella Centrale Montemartini, la cui collezione non smette mai di stupire...