Nella Stanza di Eliodoro ai Musei Vaticani troviamo quattro fantastici affreschi dipinti dalla sapiente mano di Raffaello (se ne volete conoscere uno in particolare, la "Liberazione di San Pietro", cliccate qui). Tra essi oggi vorrei parlare un poco del suo "Incontro tra Leone Magno e Attila", dove il maestro del Rinascimento rappresenta lo storico incontro, avvenuto nel 452 nei pressi del Mincio, avvenuto tra il pontefice Leone Magno e Attila, re degli Unni soprannominato "Flagello di Dio". Scopriamo qualcosa in più su questo affresco, una vera gioia per gli occhi qui ai Musei Vaticani.
Raffaello ci mostra il barbaro in veste regale, con la corona in testa, sfatando il mito che ci indica come Attila fosse solo un selvaggio assassino capace di condurre un’orda indisciplinata di uomini. Vediamo però il gesto di Attila, che sembra quasi cadere da cavallo per la sorpresa e lo spavento. Dovuti a cosa? Alla presenza di San Pietro e San Paolo, patroni di Roma, che spada in mano scendono dal cielo per dare manforte al Papa, uomo invece fiero e sicuro di sé in sella al suo bianco cavallo. Interessante notare lo scompiglio nelle file di Attila (guardate ad esempio il cavallo bianco imbizzarrito in primo piano), in forte contrasto con la calma ieratica del corteo pontificio. Colpisce come Raffaello abbia comunque voluto ambientare la scena a Roma (potete vedere il Colosseo sullo sfondo ad esempio) quando così in realtà non era. Come mai? Semplicemente perché il pontefice che commissionò l’affresco, Leone X, volle dare un messaggio di stabilità e forza, come a dire che la Chiesa è sempre aiutata da Dio, anche nei momenti più bui e neri come quello di un attacco. Da notare come il volto del Papa è proprio il ritratto di Leone X, che è voluto entrare nella scena e nell’episodio. Dunque la pittura ha un carattere celebrativo ma anche propagandistico, un modo per rafforzare la visione di una Chiesa capace di resistere a chiunque per volontà divina.
C’è anche una curiosità in merito: vedete i due cardinali, in sella ai loro destrieri, dietro il pontefice? Il primo uomo, quello in primo piano, è...il Papa! Ebbene sì, perché quando Raffaello cominciò la stesura dell’affresco, Leone X era solo cardinale. Poi, in corso d’opera, il pontefice Giulio II, che commissionò l’opera a Raffaello, morì, lasciando così il soglio di Pietro a Leone X. Il Papa non ne volle sapere di vedere cancellato il suo volto, quindi disse a Raffaello di aggiungerne semplicemente un altro, in veste di pontefice. A parte tutto, è l’episodio storico in sé ad essere molto particolare. Attila pareva inarrestabile e Leone Magno, memore anche del saccheggio subito da Roma nel 410 quando lui era un fanciullo, tentò il tutto e per tutto per non far ripetere i tragici eventi che lui stesso visse in prima persona. Quindi incontrò Attila vicino al Mincio e lì, non si sa come, lo convinse a tornare indietro salvando Roma e non solo. Leggendo le parole di uno storico dell'epoca, Prospero d'Aquitania, l'incontro avvenne in modo civile e cordiale, in un clima aiutato dalla provvidenza e dalla grande autorità morale di Leone Magno: "Egli [Papa Leone Magno] intraprese questa missione […] confidando nell'aiuto di Dio e sapendo che non viene mai meno nelle difficoltà dei suoi fedeli. La sua fede non fu smentita. Attila ricevette la legazione con grande dignità e si rallegrò tanto della presenza del sommo pontefice che decise di rinunciare alla guerra e di ritirarsi al di là del Danubio, dopo aver promesso la pace". L'affresco di Raffaello ai Musei Vaticani sembra in parte assecondare queste considerazioni, in cui l'aiuto di Dio viene personificato dai santi Pietro e Paolo che, in armi, portano scompiglio tra le fila di Attila convincendolo a retrocedere. Ma quale è la verità? Come fece il pontefice a convincere il re degli Unni? Non lo sappiamo ancora. Forse donò lui una cospicua somma in denaro, forse i soldati di Attila erano stanchi di guerre e razzie, forse Attila (come fonti cristiane ci dicono) ebbe un incubo in cui appunto vide i due santi patroni di Roma fronteggiarlo con forza, mettendogli paura. Forse, secondo altre interpretazioni, Attila non volle cadere vittima di malaria o di altre epidemie che colpirono a ripetizione Roma e l’Italia intera in quegli anni. Chissà...