Bellissima foto del mitico Ponte Rotto, uno dei ponti che solcavano il Tevere, a Roma, con una storia davvero appassionante. Un modo per comprendere come la Città Eterna sia capace di affascinare anche, e soprattutto, con le sue rovine. Un dialogo eterno con il passato dell'Urbe che una guida turistica locale come me, e spero anche voi, non può non apprezzare.

Oggi, infatti, lo vediamo come un semplice rudere (siamo nei pressi dell’Isola Tiberina, tra essa ed il Ponte Testaccio). Probabilmente la prima versione del ponte ebbe origine nel III secoli a.C. quando Manlio Emilio Lepido mise in opera una struttura lignea che potesse unificare le due sponde del Tevere, sancendo così un nuoco passo avanti per lo sviluppo della città. Successivamente il ponte fu restaurato più volte, cambiando anche nome spesso e volentieri, fino a che la famiglia degli Emili, nella personalità del censore Marco Emilio Lepido, e del suo collega Marco Fulvio Nobiliore, non lo trasformò in un ponte di pietra. Esso fu probabilmente il primo della sua specie a Roma. Da allora, in omaggio ad uno dei censori, tale ponte si chiamò anche Pons Aemilius. Nel corso dei secoli altri restauri, dovuti e numerose distruzioni a causa di alluvioni, subì questo straordinario documento storico.

Eh sì, perché questo ponte fu testimone dell’alluvione più violenta che Roma abbia mai avuto. Siamo al 23 di Dicembre del 1598, e verso le 23 il Tevere straripò, con una piena davvero travolgente. L’acqua raggiunse il suo massimo storico: 19,56 metri di altezza! L’acqua cominciò a defluire solo il 25 a mattina, quando aveva già provocato circa 4000 morti, arrivando a sommergere il Pantheon di sei metri. Questa tragica alluvione decretò la fine del ponte, che crollò quasi del tutto. L’unica porzione rimasta fu proprio quella che oggi possiamo ammirare, ancora fiera, dai viali del Lungotevere o dall’Isola Tiberina. E’ anche giusto sottolineare come, prima del 1598, il ponte aveva già subito numerosi danneggiamenti a causa di altre alluvioni (e non fu l'unico ponte, provare a cliccare qui). Per questo, alla fine di quel fatidico anno, a crollare furono fornici ed elementi in muratura ricostruiti, addirittura su progetto di Michelangelo, nella metà del ’500. Nel corso della fine dell’800, quando Roma era già Capitale d’Italia, si tentò di completare il ponte, ricollegandolo ad entrambe le rive del fiume, realizzando una struttura in ferro. Anche quella, però, fu distrutta da un’altra alluvione. Il Tevere poteva dare e togliere la vita, e la storia del Ponte Rotto è indicativo di ciò. Un poemetto seicentesco ricalca questo spirito vendicativo ma, allo stesso tempo, libero del ponte. Leggiamo "O quante volte il Tebro [Tevere] alzò la fronte, e passeggiò sulle latine mura; col capo minaccioso urtò nel ponte, fur vani i ceppi, e vana ogni altra cura; scorrea per tutto imperioso (...)".

Solo con l’arrivo dei Muraglioni, terminati in larga parte nel 1893, finalmente l’Urbe si dotò di una vera difesa contro la rabbia impetuosa del fiume. E’ quindi interessante capire come questi ruderi si sono resi testimoni di alcune delle tragedie naturali che colpirono la Città Eterna, rovine che sono state esaltate nel corso dei secoli da pittori, incisori ed artisti vari. Dopotutto ancora oggi è particolarmente affascinante osservare un residuo monumentale di quella che era l'ingegneria romana di migliaia di anni fa, un residuo oggi circondata dalla natura che, forse, rende ancor più magia l'atmosfera che si respira attorno al Ponte Rotto di Roma. Dopotutto ciò che rimane di questo punto può essere annoverato tra le "parlanti ruine" che il celebre incisore ed architetto del settecento Piranesi volle omaggiare ed esaltare con la sua arte. Rovine che, nel caso di quelle del Ponte Rotto, hanno davvero molto da raccontare.