La Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma è un ricettacolo di tesori artistici, come il celeberrimo Mosè di Michelangelo ma, soprattutto, è protagonista di uno dei miracoli più conosciuti dalle prime comunità cristiane. Ecco a voi un ulteriore esempio di come un luogo di culto come questo sia, in realtà, un edificio interessantissimo sotto numerosi punti di vista: storico, archeologico, culturale e artistico. Portare in visita i turisti, durante uno dei miei tour, significa assaporare l'essenza stessa di Roma. Vediamo assieme perché. 

Sorta nel 452 d.C., sopra una preesistente basilica chiamata, secondo i documenti, Basilica Apostolorum, come spesso accade a Roma questo luogo di culto poggia su un vero e proprio substrato storico! Sotto il pavimento, sin dagli anni '60 quando i nuovi scavi cominciarono, furono trovati resti di edifici del III secolo d.C. (forse una domus ecclesia), del I secolo d.C. (il criptoportico forse appartenente alla Domus Aurea di Nerone), e resti di edifici di età repubblicana (fino al IV secolo a.C.). Ma oltre a ciò che c'è sotto, la basilica ha un vero e proprio tesoro sopra, bene in vista sotto l'altare. Avvicinandovi, vedrete delle catene in ferro conservate in una teca. Quella sono le cosiddette vincula (catene in latino), che danno il nome alla basilica e che avrebbero avuto a che fare con San Pietro! Secondo la tradizione Eudocia, Imperatrice d'Oriente e moglie dell'Impertore d'Oriente Teodosio II, ricevette in regalo dal patriarca di Gerusalemme le catene che avrebbero legato San Pietro durante la sua prigionia in Terra Santa (prima della fuga avvenuta, sempre secondo la tradizione, con l'aiuto di un angelo, mostrato anche da Raffaello in un suo mirabile affresco). Eudocia, dunque, avrebbe donato questa preziosa reliquia alla figlia Eudossia, che abitava a Roma essendo ella la moglie dell'Imperatore d'Occidente, Valentiniano III. Eudossia, donna pia, donò queste catene al pontefice Leone Magno che già di suo possedeva, invece, le catene che avrebbero legato San Pietro durante la sua prigionia a Roma, al Carcere Mamertino. E, miracolosamente, le due diverse catene si fusero assieme. Un miracolo certamente, che porterà il pontefice ad erigere questa basilica per conservarle. Ristrutturata nel corso del Medioevo, la basilica di San Pietro in Vincoli fu un luogo caro soprattutto alla famiglia Della Rovere che, tra la fine del Quattrocento e quella del Cinquecento diede due famosi papi alla Chiesa: Sisto IV e Giulio II. Entrambi, chi più chi meno, si premunirono di restaurare il luogo di culto.

Ma molte sono le sorprese della basilica, a partire dall’affresco centrale, settecentesco, ad opera del Parodi. Qui vediamo uno dei miracoli ascritti alle catene quando, con il loro potere salvifico, liberarono dal male un conte al seguito dell’imperatore Ottone I (si possono notare le creaturine nere che volano via, in contrasto con il cielo azzurro). Da citare, infine, come qui si possono trovare anche lavori del Guercino, del Domenichino e tombe dell'età barocca. Poi ovviamente c’è il Mosè di Michelangelo, che meriterebbe un capitolo a parte per la straordinaria forza che sembra emanare. Facente parte di un progetto mai davvero concluso, quello della Tomba di Giulio II per cui Michelangelo penò tantissimo, è quella poderosa statua marmorea rappresentante un accigliato ma allo stesso tempo riflessivo Mosè a catturare tutta la nostra attenzione. Sarebbe talmente perfetto che, secondo la tradizione, in un impeto d’ira Michelangelo, lanciando un martello sul ginocchio destro della statua, avrebbe esclamato: ”Perché non parli?”. Ecco, basta questo breve aneddoto per capire quale capolavoro avete di fronte e quanto la Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma meriti tutta la vostra attenzione.